Esibizione dei DJ ed Imposta sugli intrattenimenti (ISI)

L’imposta sugli intrattenimenti (ISI) è stata introdotta dal Decreto Legislativo n. 60/1999, il quale ha previsto (tramite la previsione di una tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, cd. Tabella A) un’aliquota del 16% su tutti i ricavi generati all’interno di un locale nel caso vi sia un’esecuzione musicale non dal vivo o nel caso in cui la durata dell’esecuzione di musica dal vivo sia inferiore al 50% dell’intero intrattenimento.

La Tabella A decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, è stata recentemente sostituita dal Decreto legislativo 5 novembre 2024, n. 174 con l’Allegato 2 (cd. “Tariffa dell’imposta sugli intrattenimenti”) che, al punto 1, continua a prevedere l’aliquota del 16% per le “Esecuzioni musicali di qualsiasi genere, ad esclusione dei concerti musicali vocali e strumentali, e trattenimenti danzanti anche in discoteche e sale da ballo quando l’esecuzione di musica dal vivo sia di durata inferiore al cinquanta per cento dell’orario complessivo di apertura al pubblico dell’esercizio”.

Attualmente, quindi, l’ordinamento distingue tra due diverse categorie di esecuzioni musicali: da un lato troviamo le attività di spettacolo, le quali sono soggette esclusivamente all’IVA (22%) ed in cui vi rientrano le esibizioni di musica dal vivo la cui durata sia pari o superiore al 50% dell’orario complessivo di apertura al pubblico dell’esercizio. Dall’altro lato, ci sono le attività di intrattenimento, che sono invece soggette sia all’IVA che all’Imposta sugli Intrattenimenti (ISI); in questo caso si tratta di esecuzioni musicali che non avvengono dal vivo, oppure che, pur essendo dal vivo, hanno una durata inferiore al 50% del tempo totale di apertura al pubblico.

Fermo restando che il SILB-FIPE da tempo ritiene necessaria una modifica dell’attuale assetto normativo in materia, evidenziando che l’ISI crea, di fatto, una distorsione fiscale, penalizzando le discoteche rispetto ai concerti e incentivando pratiche artificiali per evitare l’applicazione dell’imposta sugli intrattenimenti, risulta tuttavia cruciale comprendere come venga qualificata l’esibizione di un DJ nel corso di una serata in discoteca, dato che questa figura professionale si colloca spesso in una zona grigia tra le due tipologie di attività.

A tale proposito, la Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata con la sentenza n. 14090/2024, offrendo importanti chiarimenti.

Secondo quanto affermato nella sentenza, l’attività del DJ può essere classificata diversamente a seconda delle modalità con cui viene svolta. In particolare, se l’esibizione assume un carattere “musicalmente creativo”, essa rientra tra le attività di spettacolo. Questo accade, ad esempio, quando il DJ non si limita a riprodurre brani, ma li mixa, spesso utilizzando composizioni proprie, dando vita a nuove sonorità, magari arricchite dalla propria voce o anche dall’uso di strumenti musicali. In tal caso, si è in presenza di una vera e propria performance artistica.

Diversamente, se il DJ si limita a selezionare e riprodurre musica in modo meccanico, senza apportare particolari elementi creativi, allora l’attività ricade nell’ambito dell’intrattenimento, con le conseguenti implicazioni fiscali in termini di IVA e ISI.

In conclusione, la corretta qualificazione dell’esibizione musicale di un DJ all’interno di una discoteca assume un ruolo centrale, non solo dal punto di vista artistico, ma anche sotto il profilo fiscale e normativo. A riguardo, va evidenziato che l’accertamento delle caratteristiche concrete dell’esibizione musicale dei Dj risulta di non facile determinazione, in quanto gli ispettori SIAE, che effettuano il controllo ai fini dell’applicazione dell’ISI su delega dell’Agenzia delle Entrate, spesso non possiedono le competenze strumentali, musicali e tecnologiche necessarie per determinare la natura dell’esibizione, sempre più frequentemente caratterizzata da synth ed effetti sonori di complessa identificazione. Tale aspetto risulta particolarmente problematico, dal momento che comprendere se l’attività rientri tra quelle di spettacolo o di intrattenimento non è una mera formalità, bensì una valutazione sostanziale che incide direttamente sul regime impositivo applicabile e, più in generale, sul trattamento giuridico dell’intera prestazione.

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