Convegno a Rimini, “C’è tempo per il futuro”

Lunedi 28 marzo siamo arrivati ad uno snodo importante come non mai: la situazione è difficile (dopo due anni e mezzo di pandemia e stop forzati non potrebbe essere altrimenti), ma con una ripartenza mai così concreta davanti a sé c’è comunque forte la consapevolezza che non basta ripartire “costi quel che costi”.

No.

Quest’ultimo periodo, così difficile e sofferto per il settore, ha evidenziato in modo nitido alcuni limiti strutturali e, al tempo stesso, la necessità e volontà di superarli venendone fuori con rinnovato slancio. Uno slancio probabilmente anche diverso rispetto al passato: vecchi automatismi e vecchie pratiche non bastano forse più.

Ci sono battaglie fondamentali: quella sulle capienze, vista all’unanimità come ineludibile e prioritaria, la somministrazione dopo le ore 3,00, l’I.S.I, la Siae per citarne alcune).

Ci sono questioni ad ampio raggio (cosa fare per diventare finalmente anche “cultura”, senza perdere il focus sull’imprenditorialità; o fino a che punto allearsi strategicamente con altre Associazioni e realtà del mondo dello spettacolo);

e c’è l’eterno rapporto con la politica.

Ma nell’incontro/convegno di lunedi a Rimini, “C’è tempo per il futuro”, la presenza di esponenti politici è stata nutrita per numero – ne sono intervenuti quasi una decina, a vario titolo – ma soprattutto interessante per le esplicite manifestazioni di vicinanza, solidarietà e per gli annunci di potenziale sostegno delle istanze. Se ancora esiste un pregiudizio negativo verso le “discoteche” e il ballo – ed esiste, è ben chiaro a tutti – c’è però anche un fronte contrario, che si dice consapevole sia delle difficoltà che, soprattutto, delle potenzialità del settore.

Sono aperture che vanno colte, coltivate, sostenute.

Così come bisogna incoraggiare tutto ciò che possa portare nuova linfa e nuova dinamicità. Ora più che mai.

In tal senso va inquadrata la presenza di “esterni” al convegno riminese: non-imprenditori (registi cinematografici come Lisa Bosi, docenti universitari come Davide Colaci del Politecnico di Milano, liberi professionisti e rappresentanti di altre associazioni come Deborah De Angelis di A-Dj o Sergio Cerruti di AFI e Confindustria Cultura, giornalisti come Damir Ivic), oppure imprenditori sui generis come Alex Neri, tra le altre cose anche Dj di profilo europeo, un’autentica eccellenza. O ancora, la presenza di Luigina Bucci di Co.Ge.U., un progetto che va in direzione di un’alleanza tra genitori e gestori delle discoteche, per la salute e il divertimento consapevole dei ragazzi più giovani.

La loro presenza ha sollevato discussioni significative e riflessioni non banali, tra autocritica da un lato e doveroso orgoglio di settore dall’altro (la prima non può esistere senza il secondo, e viceversa).

Quello appena passato, contrassegnato dalla pandemia, è forse davvero il periodo peggiore mai passato dalle discoteche e dai mondi legati al ballo in Italia: ma è proprio nei momenti più difficili che possono scoccare scintille decisive, rinascite innovative e strutturate. Ce n’è consapevolezza.

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